https://www.pupia.tv - Finanzieri del Comando Provinciale di Varese, nell’ambito dell’analisi delle segnalazioni per operazioni sospette hanno approfondito movimentazioni bancarie sulla base di un finanziamento, concesso da un imprenditore gallaratese ad uno novarese, apparso sin da subito estremamente onereso, disvelando un articolato sistema di usura ai suoi danni attuato con la complicità di due commercialisti gallaratesi.
Dalle indagini svolte dalla Compagnia di Gallarate, è emerso che la vittima, a causa del grave dissesto finanziario patito dalla propria azienda e vistosi negare i finanziamenti dagli istituti bancari di riferimento, si era rivolto al proprio storico commercialista di fiducia al fine di poter indicare una possibile soluzione. Infatti, la società aveva accumulato ingentissimi debiti nel corso degli ultimi anni e la liquidità richiesta dall’imprenditore era giustificata dalla volontà di rilanciare l’azienda anche in considerazione del fatto che la stessa era a conduzione familiare e dunque per garantire un futuro lavorativo ai figli assunti.
Il professionista, invece, individuava un proprio cliente disposto a finanziare la vittima per 300 mila euro. Tuttavia, il contratto, predisposto dal predetto commercialista, prevedeva clausole estremamente pregiudizievoli per l’imprenditore in difficoltà. Infatti, la vittima, in fase di sottoscrizione del contratto, si era impegnato a volturare, in garanzia, il leasing del proprio capannone impegnandosi a corrispondere i canoni di locazione all’usuraio; a consentire il controllo contabile all’autore del reato e impegnandosi a pagare oltre il 35% di tasso di interesse.
Al termine del periodo, nonostante la vittima avesse effettivamente pagato i canoni di locazione e gli interessi, il dovuto ammontava ancora a oltre 350 mila euro e quindi l’usuraio lo aveva impegnato a riscattare il capannone, originariamente della vittima, a un prezzo di oltre 300 mila euro superiore al valore di mercato, mediante pagamenti rateali. Pertanto, da un iniziale finanziamento di 300 mila euro, venivano richiesti oltre 420 mila euro di interessi, 220 mila euro oltre la soglia legale fissata dalla Banca d’Italia.
Tutti i pagamenti degli interessi venivano mascherati da inesistenti attività di consulenza che, addirittura, consentivano di poterlo dedurre fiscalmente, a danno della collettività, mentre il professionista, remunerato con oltre 16 mila euro per l’attività di intermediazione, aveva anch’egli fatturato inesistenti attività di consulenza alla vittima facendo emettere la fattura alla propria figlia, anch’essa commercialista appartenente al medesimo studio e nominata curatrice fallimentare presso il Tribunale di Busto Arsizio.
Pertanto, all’esito delle attività svolte, l’imprenditore gallaratese è stato denunciato per usura in concorso con il commercialista gallaratese mentre la figlia “collega” del professionista è stata denunciata per emissione di fatture oggettivamente inesistenti assieme alla vitti
Dalle indagini svolte dalla Compagnia di Gallarate, è emerso che la vittima, a causa del grave dissesto finanziario patito dalla propria azienda e vistosi negare i finanziamenti dagli istituti bancari di riferimento, si era rivolto al proprio storico commercialista di fiducia al fine di poter indicare una possibile soluzione. Infatti, la società aveva accumulato ingentissimi debiti nel corso degli ultimi anni e la liquidità richiesta dall’imprenditore era giustificata dalla volontà di rilanciare l’azienda anche in considerazione del fatto che la stessa era a conduzione familiare e dunque per garantire un futuro lavorativo ai figli assunti.
Il professionista, invece, individuava un proprio cliente disposto a finanziare la vittima per 300 mila euro. Tuttavia, il contratto, predisposto dal predetto commercialista, prevedeva clausole estremamente pregiudizievoli per l’imprenditore in difficoltà. Infatti, la vittima, in fase di sottoscrizione del contratto, si era impegnato a volturare, in garanzia, il leasing del proprio capannone impegnandosi a corrispondere i canoni di locazione all’usuraio; a consentire il controllo contabile all’autore del reato e impegnandosi a pagare oltre il 35% di tasso di interesse.
Al termine del periodo, nonostante la vittima avesse effettivamente pagato i canoni di locazione e gli interessi, il dovuto ammontava ancora a oltre 350 mila euro e quindi l’usuraio lo aveva impegnato a riscattare il capannone, originariamente della vittima, a un prezzo di oltre 300 mila euro superiore al valore di mercato, mediante pagamenti rateali. Pertanto, da un iniziale finanziamento di 300 mila euro, venivano richiesti oltre 420 mila euro di interessi, 220 mila euro oltre la soglia legale fissata dalla Banca d’Italia.
Tutti i pagamenti degli interessi venivano mascherati da inesistenti attività di consulenza che, addirittura, consentivano di poterlo dedurre fiscalmente, a danno della collettività, mentre il professionista, remunerato con oltre 16 mila euro per l’attività di intermediazione, aveva anch’egli fatturato inesistenti attività di consulenza alla vittima facendo emettere la fattura alla propria figlia, anch’essa commercialista appartenente al medesimo studio e nominata curatrice fallimentare presso il Tribunale di Busto Arsizio.
Pertanto, all’esito delle attività svolte, l’imprenditore gallaratese è stato denunciato per usura in concorso con il commercialista gallaratese mentre la figlia “collega” del professionista è stata denunciata per emissione di fatture oggettivamente inesistenti assieme alla vitti
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